- Bathory -
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Bathory - Nordland Part I Nordland Part I

Gruppo: Bathory
Genere: Viking Metal
Etichetta: Black Mark
Distribuzione: Audioglobe
Durata: 59:15
Data d'uscita: 11/2002
Voto: 8

1. Prelude - 2. Nordland - 3. Vinterblot - 4. Dragon's Breath - 5. Ring of Gold - 6. Foreverdark Woods - 7. Broken Sword - 8. Great Hall Awaits Fallen Brother - 11. Mother Earth Father Thunder - 11. Heimfard
 
RECENSIONE
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Non è passato neanche un anno dal discusso (e discutibile) Destroyer of Worlds e già il buon vecchio Quorthon torna sulla scena con Nordland Part I, primo capitolo di una saga di due dischi incentrati sulle saghe vichinghe, senza però fare mai precisi riferimenti nè all'Edda di Snorri nè a quella prosaica; una sorta di mondo nordico secondo Quorthon, o, se preferite, una riproposizione in chiave personale di miti e leggende della Scandinavia che fu.
Ci sono subito alcune considerazioni rilevanti da fare: Nordland è a tutti gli effetti un disco viking metal, a differenza del suo predecessore che sconfinava abbondantemente nel thrash con risultati sconcertanti. Perchè un repentino ritorno alle origini, ai tempi di Blood Fire Death e Hammerheart? Viene da chiedersi se si tratta di una scelta voluta dopo la valanga di critiche oppure qualcosa di spontaneo. E se la scelta è avvenuta senza alcuna pressione perchè questo nuovo cambiamento? E' un genio della musica o semplicemente un uomo con tanta confusione in testa, tanto da non riuscire a seguire un percorso logico, tornando spesso sui suoi passi?
Divagazioni psicologiche a parte torniamo ad analizzare il disco, che è la cosa che ci preme di più rispetto alla salute mentale di Quorthon.
Nordland è veramente un bell'album, non particolarmente originale ed innovativo ma carico di quell'atmosfera epica e maestosa che lo rende affascinante e lo distingue dai numerosi vichinghetti o presunti tali che a bordo del Naglfar navigano nell'immenso mercato mondiale.
I riff di chitarra sono lenti, come nella classica tradizione viking, spesso accompagnati da imponenti cori nei refrain ma intervallati anche da parti più veloci, elementi folk e stacchi acustici mentre la sezione ritmica purtroppo si rivela troppo spesso statica, limitata alla mera funzione di accompagnamento.
Dall'intro (bellissimo, quasi cinematografico ma non pacchiano) fino alla conclusiva Heimfard non si notano particolari cedimenti e, pur trattandosi quasi sempre di mid tempos grantici ed epici non sembra mai di ascoltare due volte lo stesso brano.
Imponente l'iniziale Nordland, una marcia di battaglia che si snoda lungo nove minuti costruiti su una struttura estremamente semplice e lineare ma dannatamente coinvolgente, con chorus evocativi, clean vocals (le parti vocali più aggressive sono di fatto inesistenti) possenti e maestose e il riff portante figlio di quegli stessi capolavori scritti da Quorthon stesso anni or sono.
Ancora più affascinante la successiva Vinterblot con il suo incedere ossessivo e tronfio e che riporta alla mente sterminate coste battute dal mare e dai venti gelidi invernali.
Sembra invece riaffiorare l'incubo thrash a tratti su Dragon's Breath ma fortunatamente si tratta solo di un'impressione perchè il brano riprende esattamente il discorso iniziato con gli altri due e stupisce vedere con quanta facilità quest uomo schivo e riservato riesca a colpire così nel segno la mente dell'ascoltatore, tanto è impossibile non sentirsi letteralmente immersi in una landa innevata.
C'è spazio anche per un rilassante e notturno brano acustico, Ring of Gold, che pare scritto di getto, senza forzare troppo per limare i particolari ma lasciando che sia la chitarra a parlare, accompagnata da ottime linee vocali. Parti acustiche che ritroviamo anche nell'introduzione di Broken Sword, prima che un drumming sostenuto ci accompagni direttamente nel campo di battaglia, con nitriti di cavalli, spade sguainate ed epici cori, per poi tornare nel finale su binari più calmi, con una chitarra classica ed il rumore del vento a concludere l'episodio più veloce del disco.
Foreverdark Woods lascia invece spazio alle parti folk sopra citate, ricordando ad Einherjer, Thyrfing e soci chi ha poggiato i primi mattoncini per costruire un intero movimento viking e risultando al termine dei suoi otto minuti uno dei pezzi più riusciti del lotto. Non si può dire lo stesso di Great Hall Awaits Fallen Brother. Non che sia un brutto brano ma, perdonate l'irriverente paragone, nella strofa sembra di ascoltare la colonna sonora de "La storia infinita" suonata con la chitarra elettrica. A chiudere il disco, dopo il mezzo passo falso, ci pensa l'antemica Mother Earth Father North, un inno in perfetto stile epic, sofferto e pieno di pathos.
Nordland ci ha riconsegnato un mito, un personaggio che ha ispirato un numero incalcolabile di band dagli anni ottanta ad oggi. Non si tratta nè del suo disco migliore nè del disco capolavoro del 2002 nè del disco che segna la svolta per il viking metal; è però un album che sa affascinare e centra in pieno l'obiettivo, di questo bisogna renderne atto.Bentornato Quorthon, e speriamo che questa dieta a base di cinghiale ed idromele duri ancora a lungo.
 


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