- Dimmu Borgir -
 
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Dimmu Borgir - Spiritual Black Dimensions Spiritual Black Dimensions

Gruppo: Dimmu Borgir
Genere: Melodic Black
Etichetta: Nuclear Blast
Durata: 49:17
Data d'uscita: 1999
Voto: 7.5

1. Reptile - 2. Behind the Curtains of Night – Phantasmagoria - 3. Dreamside Dominions - 4. United in Unhallowed Grace - 5. The Promised Future Aeons - 6. The Blazing Monolights of Defiance - 7. The Insight and the Catharsis - 8. Grotesquery Conceiled (Within Measureless Magic) - 9. Arcane Lifeforce Mysteria
 
RECENSIONE


Molti criticano questo disco. L'accusa, che viene (ovviamente) dai defender del "true norwegian Black Metal", è sempre la stessa: questo non è black metal. Il che probabilmente è vero, nel senso stretto del termine, ma la risposta che mi viene spontanea ad una simile accusa è: ma chi se ne frega?!? Personalmente adoro il black di Emperor, Mayhem, Darkthrone e compagnia e posso, in linea di principio, essere d'accordo con chi addita i Dimmu come dei parziali poser, ma quando si scrive un album così, tutto il resto passa in secondo piano. Procediamo con ordine; è il 1999 e i Dimmu Borgir sono reduci dall'uscita di un must come "Enthrone Darkness Triumphant", acclamato universalmente come un album grandioso; il tastierista Stian abbandona il gruppo, per motivi non molto noti; al suo posto nella band entra un conoscente dello stesso Shagrath, tale Mustis che pare ci sappia davvero fare con lo strumento. La formazione è completata dal chitarrista australiano Astennu, un grande musicista, autore di idee pregevoli nonché vero e proprio animale da palcoscenico (vedere i video dei tour dal 1997 al 2000 per credere) , e dai vecchi membri Silenoz (chitarra ritmica) e Tjodalv (batteria) , nonché dal bassista Nagash, che lascerà il gruppo poco dopo per dedicarsi a tempo pieno ai suoi Kovenant. Il risultato è uno dei dischi più belli e suggestivi che i Dimmu Borgir abbiano mai scritto, che in termini di ispirazione e direzione musicale può essere paragonato ad un "Enthrone Darkess Triumphant" più elaborato; caratteristica di tutti gli album dei Dimmu Borgir è sempre stata la melodia, cui ha molto contribuito il lavoro di tastiera, parte integrante del sound della band e anzi, spesso, strumento guida anche in fase di stesura e composizione. Ebbene, le parti scritte da Mustis per questo capitolo della storia della band norvegese sono le più ricercate che i Dimmu abbiano mai sfoggiato fino a questo momento; la tastiera è qui lo strumento principale, tessitrice di atmosfere costantemente in bilico fra il decadente e l'orrorifico, completata da una grande ricerca di effetti e suoni stupefacenti. L'opener "Reptile" è basata tutta su partiture meravigliose, terrificanti ed evocative come non mai, sulle quali si inseriscono il furioso drumming di Tjodalv (qui alla sua migliore prova su disco) e l'allucinante screaming di Shagrath; prima novità è la presenza di vocals pulite, ufficialmente opera dello stesso Shagrath, in pratica cantate dal futuro bassista della band, ICS Vortex, proveniente dai Borknagar. La melodia quindi la fa da padrona, ma ciò non toglie nulla in termini di impatto al disco, come mostra la devastante "Behind the Curtains of Night – Phantasmagoria" (la colonna sonora perfetta per un horror) o la tellurica "The Blazing Monolights of Defiance", che nelle sonorità anticipa alcune soluzioni riprese poi nelle future uscite discografiche del gruppo. Sperimentazioni più ardite sono presenti nella monumentale "The Insight and the Catharsis", uno dei momenti più alti della discografia dei sei, ricca di stacchi e di influenze differenti; un avvio veloce, guidato da un fraseggio di piano, vede Shagrath inserirsi violentissimo per poi lasciare spazio a cori puliti spettacolari, seguiti da un continuo alternarsi di break melodici (vedere l'apertura centrale per sola tastiera) e terribili crescendo, culminanti nell'esotico e titanico finale. Spunti interessanti e davvero anomali per i Dimmu Borgir sono presenti nella splendida "Arcane Lifeforce Mysteria", un pezzo dalle accennate venature prog per struttura e sonorità, mentre momenti più ragionati si trovano nella melodica "Dreamside Dominions", dallo splendido solo di chitarra della dissolvenza, o in "The Promised Future Aeons", dall'intro suggestivo. Insomma, questo disco non è black metal? E allora? Si tratta di un lavoro stupendo, ricercato nelle strutture, ben concepito in fase di songwriting e di arrangiamento; tanto basta a giustificare l'acquisto.
 

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