- Una giornata di Ivan Denisovic -
 
 Scritto da: Serena
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Ivan Denisovic

"...Suchov non attendeva mai la sveglia dormendo e si alzava sempre al suo segnale: all'appello mancava un'ora e mezzo circa di tempo tutto suo, non regolamentato, e chi conosceva la vita del campo poteva sempre rimediare qualcosa..." - UNA GIORNATA DI IVAN DENISOVIC

Scritto nel 1959 ma pubblicato nel 1962, "Una giornata di Ivan Denisovic", per Solzenicyn fu il punto di arrivo di un lungo percorso iniziato molto tempo prima. Per i lettori fu il punto di partenza per la scoperta del sistema sovietico, sistema che aveva tormentato e annientato milioni e milioni di Ivan Denisovic. Quest'opera presentò un tema interdetto per l'Unione Sovietica e quindi per tutto il mondo comunista, i Lager, ovvero, come poi si dirà, il Gulag. L'esistenza dei lager sovietici era già nota e documentata nel mondo libero, ma da parte comunista essa era decisamente negata. Ora che il mito di Stalin era stato rovesciato, dopo il XX congresso del Partito comunista dell'Unione Sovietica (1956), il riconoscimento dei Lager, permesso per la prima volta con la pubblicazione dell'opera di Solzenicyn, fu un evento esplosivo, che costrinse il movimento comunista ad ammettere l'esistenza del sistema concentrazionario sovietico. Infatti ciò che rese immediatamente popolare questo racconto e giustificò la sua straordinaria diffusione fu il contenuto del tutto originale rispetto al filone corrente della narrativa pubblicata. Lo scrittore non si limitò, comunque, a denunciare i vizi e le tragedie dello stalinismo, ma procedette oltre, chiedendosi quali ne siano state le radici; testimoniando con una continua ricerca, un instancabile "itinerario di verità". Ivan Denisovic, Suchov, il protagonista di questa novella o racconto breve - come lo definisce Solzenicyn - è un contadino di un piccolo villaggio della Russia centrale, un ex - soldato, colpevole di essere evaso dalla prigionia tedesca; è l'eroe di un'epica nuova e terribile, quella del Lager e della sopravvivenza. Come genere, l'epica tende a all'universalità; universale, infatti, è il "campo" di Suchov, in esso si assommano le caratteristiche essenziali del mondo concentrazionario sovietico: gerarchie, violenza, repressione; e poi corruzione unita a un'organizzazione irrazionale del lavoro e della vita quotidiana. Tutti questi aspetti sono presentati come abituali, e accettati dagli stessi detenuti come norma o come destino. Il racconto del non presenta particolari crudeltà, ma attraverso Suchov, l'autore si limita a descrivere una giornata del "campo" vista da vicino, proprio perché da questo personaggio è realmente vissuta. La narrazione si svolge con abbondanza di particolari e con molta attenzione per ogni minimo avvenimento della giornata che possa rivelarsi importante nel mondo del detenuto. Il rigore narrativo non lascia spazio a considerazioni politiche, a giudizi esasperati, né ad autocommiserazione. La "novella" è sobria, quasi impersonale eppure il lettore avverte che tutta la simpatia dell'autore va al protagonista e che solo qualcuno che ne ha condiviso la sorte poteva operare una scelta così competente di particolari essenziali. Il racconto può dirsi autobiografico nella misura in cui l'autore prende spunto dalla sua esperienza personale di detenuto politico, ma il personaggio di Ivan Denisovic non ha alcuna pretesa di riflettere la personalità dell'autore. Nella storia però, la grave ingiustizia e l'assurdità della condanna inflitta a Suchov sono solamente accennate ,come se fossero cose sorpassate, sofferte e ormai dimenticate, mentre ciò che rimane, implacabilmente reale e che costituisce il vero contenuto del racconto, è la vita quotidiana del lagher, in cui l'affannosa lotta per la sopravvivenza cancella ogni ricordo, ogni rancore. Questa vita è vista come condizione permanente cui è estranea ogni prospettiva, anche la speranza di un ritorno alla libertà. Eppure nel racconto è assente la rivolta, prevale invece un atteggiamento di rassegnazione di fronte a un'esistenza tutto sommato accettata. Ivan Denisovic può essere definito un eroe perché testimonia il valore del reggere, del resistere, diventando l'esempio da seguire, il modello di un uomo che anche in terribili condizioni si mantiene fedele ad alcuni valori, come la passione per il lavoro preciso e compiuto, il senso di responsabilità, l'onestà, la mitezza, l'umiltà, la disponibilità verso gli altri e la compassione, un'etica che nasce da scelte personali, dal bisogno di sentirsi vivi 2lasciandosi avvincere" dalla fatica quotidiana. Ancora, può essere definito un eroe perché diventa il punto di rifrazione dei vari personaggi, che vivono con lui quella "normale" giornata, in cui non succede niente di particolare; perché è lo stereotipo che rappresenta la condizione di tutte le vittime dello stalinismo, condizione comune non ad una sola classe sociale, ma al popolo intero. Il personaggio non compie nessuna impresa esaltante, nessun gesto eroico, nessuna operazione incredibile; si comporta normalmente, vivendo alla giornata la sua prigionia. Proprio per questo viene posto da Solsenicyn al centro dell'attenzione e diventa un punto di riferimento e di sicurezza sia per i suoi compagni nel lager, sia per i lettori, che notano in lui la serenità necessaria per affrontare la propria prova. Non è più, quindi, l'eroe tipico della mitologia, che combatteva il male e le ingiustizie fino a far trionfare il bene; è l'eroe caratterizzato dalla passività, ma anche e soprattutto dal coraggio di saper accettare il proprio destino. E, accanto a questo senso di accettazione, troviamo anche la forza e la volontà di rendere, giornata per giornata, un po' più accettabile la sua condizione disumana.

"...Era trascorsa una giornata non offuscata da nulla, una giornata quasi felice. La pena affibbiatagli, dal principio fino alla fine, contava tremilaseicentocinquantatre giornate come quella. Per via degli anni bisestili si allungava di tre giorni." - UNA GIORNATA DI IVAN DENISOVIC

Sono questi i pensieri conclusivi dell'opera di Solzenicyn, apparentemente semplici, banali, ma che possono trasformarsi per noi in vivida e intramontabile testimonianza; testimonianza di quella forza che consente a Ivan Denisovic di resistere alla condizione del campo. E, ciò che è più straordinario, è che apparentemente non ci sono segreti nascosti, ma in quelle poche semplici frasi è celato il mistero:...la capacità di dir di sì al proprio destino. C'è, in questi momenti finali del racconto, anche il sentimento più profondo e il messaggio dello scrittore: "è la fede che dà la possibilità di conservare la propria libertà interiore e la propria dignità umana, anche là dove tutte le altre forze spirituali crollano o vengono meno, e dove tutto congiura a disintegrare l'uomo, riducendolo a una cosa tra le cose". In questo sta la grandezza non solo dell'eroe ma dell'intera opera di Solzenicyn.
 


Aleksandr Solzenicyn
 
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