Consigli sentimentali
 


Love Il rapporto genitori-figli
Come vivere positivamente il contatto genitori-figli


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Premessa - In questa trattazione si parlerà il più possibile efficacemente anche se in modo (purtroppo) non esaustivo dell'evoluzione di un nuovo componente all'interno di una famiglia e di come aiutarne il corso (i riferimenti provengono da riflessioni personali, esperienze di vita, filosofia e psicologia).

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In un comune nucleo famigliare l'evoluzione di un figlio/a può essere suddivisa in tre parti, ciascuna delle quali riveste un ruolo di grandissima importanza nell'evoluzione positiva del rapporto. Vediamo quali sono queste tre componenti della vita che, come è facile intuire, coincidono con le già note fasi di sviluppo e crescita:

  1. L'infanzia - In questa prima parte della vita di un essere umano il ruolo del genitore è quello di completo organizzatore degli equilibri del fanciullo/a. In questo periodo è necessario insegnare, descrivere e guidare i passi della nuova "presenza" dando con fermezza una distinzione tra cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ciò a cui si deve stare attenti è: il non lasciarsi trasportare dall'eccessiva apprensione onde evitare di "viziare" e allo stesso tempo il non far uso di eccessiva severità (qualche "schiaffetto" o "sculacciata" non ha mai fatto male a nessuno, tutto quello che va oltre è da evitare categoricamente) onde evitare il verificarsi di gravi traumi. L'infanzia deve vedere il genitore seguire e aiutare i figli (quasi) di nascosto, tramite ovvero un appoggio finalizzato non alla sostituzione ma ad un costante insegnamento alternato al tentativo di stimolare l'azione e l'interesse verso l'azione, il fare.

    Il bambino/a deve solo dedicarsi al gioco (possibilmente ad un gioco costruttivo) e sempre vario, nessun carico di responsabilità, nessuna forzatura (dargli spazio in un determinato campo solo se dimostra una particolare inclinazione, ma senza mai imporre o esagerare). Un'altra componente essenziale è il contatto (non forzato) con elementi esterni alla famiglia (un giusto grado di socievolezza permette una crescita più favorevole). Per un soggetto che vive in questa fascia di età l'apprendimento può essere stimolato attraverso l'interesse (celebre esempio: "ti è arrivata questa lettera da un tuo amico/a vuoi sapere cosa dice?" conseguenza, il bambino/a desidera imparare a leggere). - Parole chiave: gioco, insegnamento e affetto.

     
  2. L'adolescenza - Di gran lunga il periodo più difficile ma forse anche quello che si ricorda più felicemente. Il problema che caratterizza sempre più spesso questi anni di transizione è il fatto che i genitori non si accorgono (o non vogliono accorgersi) del suo avvento; durante questa fase di grande sviluppo: insicurezza, contraddizioni e scontro risultano internamente alle famiglie un vero e proprio "pane quotidiano". L'atteggiamento del genitore necessita quindi forzatamente una "mutazione", da "dittatore illuminato" deve, con la dovuta calma, evolversi in "democratico cittadino" capace di dare i giusti spazi ad un qualcuno che sta per diventare inevitabilmente un suo pari. L'unica interazione legata all'insegnamento possibile è l'esempio, anche se può sembrare che un figlio/a non segua più il nostro modo di vivere e si opponga a tutto quello che viene detto, resta fermo il fatto che mamma e papà sono un punto di riferimento. Pian piano non si devono più dare ordini ma semplicemente (si fa per dire) solo esempi di comportamenti positivi. Gli ordini imposti, prima o poi, verranno contraddetti, gli esempi positivi, se non replicati, almeno accennati. Gravissimo errore è quello di "predicare bene" e di comportarsi poi male: le manifestazioni positive potrebbero essere replicate, quelle negative lo saranno di sicuro (magari due o tre volte tanto), mai scordare la coerenza; da qui il non dimostrare vizi e soprattutto il non nascondere le cose/mentire (un adolescente, contrariamente ad un bambino, potrebbe facilmente accorgersene e perdere la fiducia nei suoi genitori).

    Detto questo è importante sottolineare un aspetto che, data la non completa maturazione del soggetto, deve tuttavia rimanere: in situazioni gravi, il ritorno temporaneo del "dittatore illuminato". Per "gravi" si intende ad esempio l'abuso di alcool, droghe e/o la pratica di azioni decisamente deleterie; per non gravi si intende invece una "certa possibilità" di scoprire il proprio corpo, bere qualche cosa quando si esce, stare un po' fuori casa, andare male a scuola e altre cose del genere. Mai impedire poi di avere rapporti con amici, ragazze/i ma soprattutto: permettere di sbagliare al fine di dare la facoltà di capire davvero che cosa è giusto e cosa no (l'intervento deve insomma esserci ma solo in casi decisamente gravi onde evitare il loro stesso verificarsi).
    Il disagio giovanile può fondare le proprie basi sull'insicurezza, sull'inevitabile apparire delle prime responsabilità, sul peso di una famiglia troppo apprensiva, sulla solitudine e così via; l'adolescenza ha bisogno di spazio e di fiducia (se non si dà fiducia ai propri figli loro non ne avranno nei loro genitori e questo può significare il verificarsi di innumerevoli problemi). - Parole chiave: fiducia, esempio e sostegno.

     
  3. La "maturazione" - Sfortunatamente la maturazione non giunge automaticamente come le precedenti fasi: infanzia e adolescenza posso protrarsi infatti anche fino alla vecchiaia se, nei tempi giusti, non si interviene aiutandone l'evoluzione. Occorre ribadire ancora una volta che senza fiducia sincera nessun adolescente giunge a riconoscere le proprie qualità positive e negative. Occorre tempo e sbagliare più volte per capire che cosa è giusto per la propria persona. Un genitore perchè la piena autocoscienza si presenti in tutta la sua completezza deve capire che anche se ha visto e corretto molti degli errori del proprio figlio/a non può continuare a farlo per sempre, deve, anche se è difficile ammetterlo, riconoscergli di essere in grado di farcela da solo/a (non ha funzionato in questo modo quando ha imparato a camminare?); senza ombra di dubbio se non glielo si impone e lui/lei ne avrà bisogno verrà a chiedere aiuto.

    Se la maturazione avviene non nasce un essere perfetto, ma un esploratore/esploratrice capace di percorrere gli ardui sentieri della vita (riuscirà o non riuscirà a superare le difficoltà più grandi? Questo non si può dire, l'unica cosa certa è che lo farà da uomo/donna libero/a, in grado di "stringere i denti" e di chiedere aiuto). La libertà non ha prezzo. Senza questa forza (opportunamente educata nel passato) la vita non vale la pena di essere vissuta (nessun genitore vuole negare una vita degna ai propri figli giusto?). - Parole chiave: consiglio, dialogo e libertà.
     

In conclusione sottolineiamo ancora una volta che un figlio/a è si la continuità della propria generazione ma allo stresso tempo un'entità separata e dotata di vita propria, nessuno è il proprio figlio/a, non sempre si hanno gli stessi desideri e/o reazioni, accettiamolo. C'è diversità, quella stessa caratteristica che ci rende unici e capaci di manifestarci nel mondo. Anche se un figlio/a non è esattamente come lo/la volevamo, bisogna riconoscergli il diritto di "essere/esistere". Un essere privo di libertà è un essere già morto prima ancora che il suo destino sia compiuto, occorre (senza orgoglio, gelosie e pretese) dare spazio alla Vita.

 

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