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Scritto da: Pollina | Discuti sul FORUM
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Platone e la critica alla democrazia
Commento e approfondimento

Platone, prima nella Repubblica e poi anche nel Politico, cerca, tre le istituzioni politiche esistenti, quella giusta, ossia la "retta costituzione". Nell'ideale platonico la città deve essere guidata dai filosofi, uomini dalla "superiore intelligenza naturale" che deve essere "coltivata e affinata" in un percorso di apprendimento e di formazione. E questi filosofi devono aspirare al bene comune. Egli sostiene inoltre che, perché vi sia una "retta costituzione", i magistrati devono governare, senza attenersi alle leggi, e con il solo e unico fine di far sviluppare lo Stato. Da questo e altri punti partono le accuse rivolte a Platone di fornire le basi teoriche per la giustificazione di quei regimi totalitari, quali il comunismo, il fascismo ed il nazismo,affermatisi nella prima metà del 900. In realtà questi critici hanno strumentalizzato ed usato arbitrariamente, all'interno delle dispute moderne,alcuni aspetti filo-platonici, che dovrebbero essere ricollocati nella giusta prospettiva storico-culturale dell'epoca del filosofo. Il pensiero di Platone infatti non può e non deve essere analizzato senza collocarlo nel tempo vero e proprio in cui questo si sviluppa. La tendenza dei calunniatori platonici è infatti quella di voler attualizzare eccessivamente il pensiero di questo filosofo. Il risultato è un'immagine distorta non solo della filosofia platonica, ma anche di Platone stesso come uomo. Vero è, che su alcuni punti pensiero platonico e totalitario convergono. Platone, per esempio, esclude le leggi in quanto esse, valide per tutti, non appaiono in grado di soddisfare e aderire ai casi reali ed esistenti e alla realtà della polis complessa e mutevole, perché soggetta al divenire, e rappresentano così "l'astratto formalismo" e "il rigido autoritarismo", poiché la loro formulazione è di natura dogmatica e perciò naturalmente opposta alla razionalità e alla ragione,che Platone desidera guidino la sua utopistica città. Il filosofo afferma quindi che "…la cosa migliore non è che abbiano forza le leggi, ma invece l'uomo che è re intelligente…". E in questo si riconosce pienamente il totalitarismo.

Un altro punto in comune tra totalitarismo e pensiero platonico è la critica alle istituzioni democratiche. Tuttavia, mentre il primo appare come un'esperienza politica del tutto nuova e diversa rispetto ad esperienze passate che si caratterizza per un impianto irrazionalista, il secondo è espressione di una visione assolutamente razionale. Bisogna comunque riconoscere che, se nella posizione platonica,secondo la quale nulla di quanto è derivabile dai sensi merita di essere chiamato conoscenza, la vera conoscenza che merita di essere realizzata praticamente è solo quella concettuale, allora l'esito di una simile impostazione può apparire autoritario.

Il pensiero platonico è poi collegato non solo ai totalitarismi e all'epoca moderna, ma anche alle società del passato, prima fra tutte quella medievale. La rigida gerarchia e la divisione in classi sociali si rispecchiano in quella che Platone chiamava divisione del lavoro. In effetti, da questo punto di vista, la società medievale, risulta essere bene ordinata, soprattutto per la specializzazione delle funzioni.

Platone riconosce, tra le istituzioni politiche, costituzioni legali e costituzioni arbitrarie. Le costituzioni legali e, per Platone, giuste sono:

  1. Monarchia, o governo di uno solo;
  2. Aristocrazia, o governo di pochi;
  3. Democrazia, o governo di molti.
  4. Invece, fra le costituzioni arbitrarie, e quindi non giuste, egli include:
  5. Tirannide, o governo arbitrario di uno solo;
  6. Oligarchia, o governo arbitrario di pochi;
  7. Democrazia estrema, o governo arbitrario di molti.

Platone sostiene che, tra tutte, la costituzione migliore è la monarchia, guidata appunto dall'élite dei filosofi. Tuttavia, poiché comprende l'astrattezza del proprio progetto, il filosofo propone una via più pragmatica ed accessibile: in "tempi normali" le persone devono attenersi alle leggi scritte che devono essere rispettate da tutti in quanto sono "un'imitazione della verità", poiché in esse "è sedimentata la saggezza degli antichi legislatori", veri politici del cui giovamento la vita politica può godere"solo in momenti eccezionali". Il filosofo insomma rifiuta le leggi, ma anche l'arbitrio come regola.

La critica alla democrazia di Platone è principalmente rivolta a quella ateniese. Il filosofo riconosce nella divisione del lavoro e, quindi,nella conseguente specializzazione delle funzioni, le basi per una ben organizzata società, concordando così su questo punto con Protagora e con i sofisti, assidui sostenitori del regime democratico.

Egli, come già detto, prende in esame tutte le costituzioni,esaminandole una ad una:

  • nell'aristocrazia (o timocrazia) predominano le ambizioni dei nobili e un sistema di valori basato sull'onore e sul prestigio personale;
     
  • le costituzioni oligarchiche vedono invece uno stretto gruppo di affaristi e la loro sete di denaro al potere;
     
  • la tirannide è poi la forma di governo "più avversa all'ordinato sviluppo della città", in cui prevalgono gli interessi economici e la "voglia di affermazione" del singolo;
     
  • l'anarchia è infine vista come l'eccessiva libertà che contraddistingue i regimi di stampo democratico.

Proprio la democrazia, al centro della critica platonica, è considerata, tra le costituzioni legali la meno virtuosa, e tra le costituzioni arbitrarie quella meno pericolosa. Inoltre è vista come un "emporio di costituzioni", ovvero un regime che racchiude in sé tutte le altre. Secondo il filosofo, la democrazia nasce quando il popolo, vinti i ricchi spadroneggianti e preso il potere, divide il governo e le cariche pubbliche, "a condizioni di parità" e mediante un sorteggio.

Inoltre, nella democrazia, le fortune politiche dipendono dal favore del popolo. Perciò, per conquistare consensi, sfruttando la retorica demagogica, i capi del demos lusingano la massa, allungando alle api il grosso barattolo di "miele" che è il denaro. Lo stesso consenso che il popolo riserva al demagogo migliore –e non al miglior uomo politico– è l'origine della tirannide: "…esso [il tiranno] spunta dalla radice del protettore…".

 


Ritratto di Immanuel Kant
 
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