- Herbert Marcuse -
 
SCHEDA FILOSOFO
Marcuse: sessualità e lavoro nel contesto della rivoluzione culturale del Sessantotto


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MARCUSE E IL PENSIERO CRITICO


La polemica contro la repressione sociale dell'individuo ha trovato la sua espressione più alta in Herbert Marcuse, uno dei padri più ascoltati della rivolta giovanile del '68. Tra i suoi scritti, in posizione di rilievo vi è Eros e civiltà, pubblicato nel 1955. Del 1968 invece è L'uomo ad una dimensione, che completa le posizioni teoriche precedenti. L'autore è membro della cosiddetta "Scuola di Francoforte", che si forma attorno al 1922, presso il celebre Istituto per la Ricerca Sociale. L'indirizzo della Scuola è il pensiero critico, un pensiero critico sia nei confronti delle deviazioni economiche, psicologiche e culturali del sistema capitalistico, sia nei confronti del comunismo sovietico, valutato come esempio negativo di rivoluzione fallita. Questa teoria critica crede nell'ideale di una società futura libera dall'alienazione, e attinge dal filosofare di Hegel, Marx e Freud, pur conducendo spesso nei loro confronti una serrata critica. Con l'avvento del Nazismo, dal 1933, la Scuola "emigra" nell'ambiente decisamente meno ostile degli USA.

UOMO E REPRESSIONE IN "EROS E CIVILTÀ"

Certo Eros e Civiltà è il libro che meglio esprime il filosofare dell'autore. Egli innanzi tutto opera una felice sintesi tra Freud e Marx (si parla in questo senso di "freudo-marxismo"). Da Freud, appunto, Marcuse riprende l'idea che esista a fondamento dell'agire umano una forte energia erotica (il principio dell'Eros, la libido): la civiltà, per corrispondere all'obiettivo più alto della sopravvivenza, deve reprimere tale spinta istintiva, per evitare di scatenare una guerra "sessuale" di tutti contro tutti. Ma la società borghese moderna impone all'uomo una repressione addizionale, che deriva dal modo di produzione capitalistico (il filosofo qui rimprovera Freud di aver considerato l'uomo "in astratto" e di non aver distinto tra repressione degli istinti e repressione addizionale). Da questo modo di produzione l'uomo è ridotto ad un semplice essere-per-la-produzione, sottomesso al principio della performance: tutte le energie psico-fisiche devono essere indirizzate al lavoro, alla produzione, alla prestazione lavorativa, "un piccolo ingranaggio di un sistema enorme che lo sovrasta e di cui egli deve semplicemente subire l'esecuzione", come definisce il professor Giuseppe Bedeschi (si fa qui riferimento ad una intervista realizzata a cura dell'EMSF, datata 17 dicembre 1993). In questo contesto la libido erotica è pura distrazione dal lavoro, e perciò deve essere repressa. L'aspetto più drammatico di questo rovesciamento dei valori, che ha confinato la sessualità al mero fatto procreativo (dunque utilitaristico) è che l'uomo ha ormai imparato ad accettare questo stato di cose come naturale, è infelice, ed impara ad auto-reprimersi attraverso l'educazione. Tale processo è qualificato da Marcuse in termini di autorepressione da parte dell'individuo represso. Come esempio "eroico" della situazione occidentale, l'autore assume la figura di Prometeo, simbolo della ragione scientifica, della tecnica e della dedizione al lavoro. Nei confronti di esso l'uomo si trova necessariamente limitato in libertà, persino qualora dovesse scegliere il proprio lavoro, egli è sempre asservito alla cosa, alle leggi che gli sono imposte dall'esterno. Come direbbe Hegel, "l'uomo non è più in sé stesso, ma è fuori di sé". Il lavoro quindi non è qualcosa di attivo, bensì qualcosa di passivo. "Nel lavoro si tratta sempre in primo luogo della cosa stessa e non del lavoratore. [...] Nel lavoro l'uomo viene continuamente allontanato dal suo essere se stesso, è indirizzato a qualcosa d'altro e continuamente presso qualcosa d'altro e per altri", come si legge nel saggio del 1933 intitolato Sui fondamenti filosofici del concetto di lavoro della scienza economica.

Sono due le soluzioni proposte dal filosofo. La prima è presentata proprio in questo libro, ed è affidata all'arte, che esprime il desiderio umano di liberazione. Essa è creatività non alienata, diversa certamente dalla ragione-repressione, ed è simboleggiata da Orfeo, la "voce che non comanda ma canta" e intuisce "un ordine senza repressione" e da Narciso: le loro immagini "riconciliano Eros e Thanatos, [...] rievocano l'esperienza di un mondo che non va dominato e controllato ma liberato, una libertà che scioglierà i freni alle forze di Eros che ora sono legate nelle forme represse e pietrificate dell'uomo e della natura". In particolare "il canto di Orfeo placa il mondo animale, riconcilia il leone con l'agnello e il leone con l'uomo". Il mondo naturale al pari del mondo umano è caratterizzato da oppressione e crudeltà, e solo da Eros attende la liberazione, poiché "il canto di Orfeo infrange la pietrificazione". È qui evidente, come peraltro ha fatto notare il professor Bedeschi nella già citata intervista, che "Marcuse introduce una nota ludica all'interno dei filoni teorici e culturali che ha utilizzato": la soluzione appare estrinsecarsi in un "quadro idillico-estetistico che non ha più nulla a che fare né con la concezione drammatica che Freud ha della storia umana, né con il robusto realismo della considerazione storica di Marx".

I NUOVI "RIVOLUZIONARI" DEL 1968

È oggetto di un altro famosissimo libro, dal titolo L'uomo a una dimensione (1967), la seconda soluzione a cui si è accennato nel paragrafo precedente. Nel sopraccitato libro l'autore riprende i motivi della critica alla società tecnologica avanzata che ha privato l'uomo della sua creatività, ma allo stesso tempo mostra nuovi soggetti rivoluzionari rifiutati dalla società opulenta. Quando i "proletari", tradizionali soggetti rivoluzionari per Marx, si sono di fatto integrati nella società, quando "il conflitto tra padrone e schiavo è efficacemente tenuto sotto controllo" sta ad essi compiere il Grande Rifiuto, forti della "possibilità di riattivare le esigenze biologiche ed organiche represse".  I soggetti in questione, i reietti, gli immigrati, gli sfruttati delle altre razze (in questo senso si parla di Terzomondismo di Marcuse), i disoccupati, gli inabili, rimasti fuori dal "sistema democratico", si ritrovano in una condizione oggettivamente rivoluzionaria, ma di fatto non ne hanno ancora consapevolezza. "Essi da soli non costituiscono [...] i rappresentanti della libertà" ma occorre, come Marx ha insegnato, che "il lampo del pensiero folgori l'ingenua anima proletaria" (Prefazione Politica del 1966 ad Eros e Civiltà, Einaudi, Torino). Ai nuovi rivoluzionari poi si aggiungono, per solidarietà istintiva gli studenti, in netta rivolta contro "i falsi padri, i falsi maestri, i falsi eroi", spinti ad incarnare l'ideale perché sfiniti dalla "nausea del modo di vita".

FALSA LIBERTÀ NE "L'OBSOLESCENZA DELLA RAGIONE"

È dell'anno 1963 il saggio in cui Marcuse riflette riguardo al tema della desublimazione repressiva, la falsa libertà, anche sessuale, esistente nella società. In apparenza sembra che tutto sia lecito e che non esista più il processo freudiano della sublimazione (la deviazione della pulsione sessuale verso mete socialmente accettabili, come il lavoro o l'arte, ad esempio). In realtà la società al contempo desublima e commercializza l'attività sessuale, facendole perdere la forza dirompente. L'ambiente si de-erotizza, poiché Eros si riduce alla mera e meccanica soddisfazione sessuale, non più quella autentica che si può provare a "far l'amore in un prato", ma la versione occidentale, "in un'automobile in una strada di Manhattan" (come si legge ne L'uomo a una dimensione, Einaudi, 1967). Sostanzialmente "l'energia libidica perde [...] la sua qualità essenzialmente erotica" e viene meno la "liberazione da tutto ciò che riguarda la società". La sessualità occidentale non è che parziale, amministrata, commercializzata, reclamizzata da cinema e case automobilistiche e di profilattici e perciò, come già accennato, del tutto funzionale al sistema capitalistico. Se in passato la "pericolosa autonomia dell'individuo" si collocava nell'ambito del principio del piacere, la restrizione autoritaria "testimoniava la profondità del conflitto fra individuo e ragione". Nel presente la sfera del piacere è fatta rientrare in quella degli affari o dei divertimenti ed "è la repressione stessa ad essere repressa". In questo modo la società opulenta ha esteso il proprio controllo sull'individuo. L'apparente permissivismo sessuale è la causa di una profonda insoddisfazione erotica, e quest'ultima genera inesorabilmente aggressività e violenza.

 

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